Quello che colpisce nelle tele di Adriano Pavan è, a prima vista, senz’altro l’originalità nel quadro della vivace realtà pittorica. Ma, se ci si sofferma un momento a riflettere, ci si rende conto che il tratto più rilevante della sua opera è costituito dalla straordinaria complessità intellettuale. Una complessità intellettuale che non consiste tanto nella ricerca formale, estetico-teorica; quanto nel porsi, con una totalità ed un abbandono vigorosissimi, problemi assolutamente umani, esistenziali e storici: la storicità del quotidiano e perenne esistere dell’individuo, di colui cioè che finisce per scontare, nel suo essere uno, nel suo essere per sé stesso l’unica realtà sensitiva, tutto il peso che, ad alcuni, riservano la storia e la società.
Nei suoi squassanti nudi di vecchia, quasi a riprendere senza compromessi, senza ideali, una tradiziopne iconografica tra le più smaglianti e classiche, nelle sue vecchie contadine dipinte assolutamente senza retorica, Pavan raggiunge un punto di maturazione e di equilibrio tra il raccontare (cioè l’amore per la sua gente e la sua terra, che ha contraddistinto la sua prima produzione) ed il denunciare la sofferenza (cioè quella pittura volutamente corrusca e provocatoria della fase immediatamente antecedente all’attuale). Le sue figure, autenticamente, smuovono, turbano le coscienze. Ma ciò con sempre più intatto rigore, senza pateticità, senza discorsi espliciti; non proclamano, non chiariscono prolissamente nessi tra tragedia individuale e meccanismo sociale; non propongono didascalicamente divaricazioni tra realtà e valori. Tutte queste esigenze sono fuse nella rappresentazione finale, nell’immagine che va letta lentamente, dopo il turbamento iniziale, perché ne venga fuori tutta la ricchezza. Per definire questa pittura non troviamo migliore aggettivo di “profonda”; una pittura non semplificatoria, non manichèa.
Quel nudo di donna con la testa ritorta verso sinistra e la mano destra pendula davanti a noi è di una potenza, per ritrovare la quale dobbiamo guardarci attorno a lungo e con attenzione nel panorama della pittura italiana contemporanea.
Angelo Baiocchi (1980)