Partiamo da lontano, e ricostruiamone il percorso. Quando il nostro artista ha cominciato a esprimersi, appena ragazzo cinquant’anni fa, il mondo rurale veneto – con la sua gente, le sue tradizioni, il suo coraggio e la sua sintonia anche dolorosa con la terra – non era morto del tutto. Però lui sentiva che un male oscuro corrodeva il corpo della realtà in cui era nato

Di quella sua coscienza troviamo traccia nei volti di contadine e contadini da lui dipinti in quegli anni: che non erano in realtà ritratti ma, piuttosto, personaggi scabri e profondamente segnati, personaggi dell’anima nei quali lo sguardo del pittore cercava, come un rabdomante, di mettere a nudo la verità. Anche il paesaggio della campagna nell’area del Piave lo coinvolgeva intimamente.

La storia si era ormai fatta ricordo, profumo d’erba e di strame, di sudore che impregnava gli abiti di stoffa grezza: ciò che passava nei suoi dipinti non era più la realtà ma la sua trasfigurazione poetica o, se si preferisce, il suo ricordo. In effetti, molta della sua pittura nasce dalla memoria, da un pozzo dove si possono ancora trovare parole perdute, scene immobili come insetti nei blocchi d’ambra, odori fossili, chiarori lunari, albe e mezzogiorni estivi così ardenti in pianura, e alberi raggelati nella nebbia dei nostri inverni. Nelle successive fasi della sua maturazione artistica, Adriano Pavan lascia sempre che le ragioni del cuore incontrino le esperienze umane e culturali (a Milano, in particolare, ma anche nei viaggi all’estero) e così la sua pittura diventa quasi il diario di una vita: notevoli sono alcuni «passaggi», come quello in cui sembra liberarsi dalle cose e dalle persone per tuffarsi sensualmente in grovigli di luce vegetale, in esplosioni di forme iridescenti e profumate, e quello successivo detto dei Giardini d’artista dove la terra esprime nel verde anche i sogni del pittore – e diciamo pure nostri – e si manifestano nuove presenze che sono quelle dei miti. La forza dei miti rigenera molte forme d’arte. Con Adriano Pavan, noi siamo chiamati a visitare i labirinti della sua immaginazione. Labirinti dove smarrirsi è bello e gli incontri sorprendenti.

Ivo Prandin