Il primo periodo della mia attività artistica comprende tutti gli anni ’50: dagli esordi fino alle mostre milanesi.
E’ un periodo segnato dalle esperienze drammatiche della seconda guerra mondiale e dalle difficoltà della mia adolescenza, fino a giungere al periodo delle prime esperienze artistiche.
La mia prima mostra personale di una cera importanza la allestii nel 1955 all’Hotel Savoia di Cortina d’Ampezzo, dove ebbi modo di conoscere il pittore Massimo Campigli.
Nel gennaio del 1957, grazie al critico d’arte Mario Portalupi, allestii la seconda importante mostra personale nell’elegante galleria d’arte del “Centro Artistico San Babila” di Milano. Ed è qui, a Milano, poco più che ventenne, che cominciò il mio lungo viaggio nel mondo dell’arte.
Niente di speciale, direte, ma bisogna trasferire questi fatti a quel tempo, a pochi anni dopo la fine della guerra mondiale che, nonostante tutto, nel campo dell’arte, c’era molto più rigore di adesso.
Dal 1959 e negli anni successivi, a Milano, allestii le mie mostre personali nella “Galleria d’Arte Barbaroux”, ancora punto d’incontro dei massimi artisti italiani di quel tempo, dove ebbi modo di conoscere Carlo Carrà che, ogni sera, veniva in galleria con la moglie Ines “a fare quattro chiacchiere col giovane Pavan”, diceva.
Lui, così burbero, aveva un senso di paterna tenerezza nei miei confronti.
Mi diceva spesso: “Devi schiarire la tavolozza Pavan, e non dimenticare che della realtà è necessario idealizzare ogni cosa, senza la quale non vi è arte possibile, ma soltanto documentazione e altro aspetto esteriore e provvisorio della natura.”
Sì, mi dava dei consigli, gli stessi consigli che si danno ad un ragazzo che ha voglia di crescere.