… Ecco, allora, le sue donne solenni e un po’ cupe, rosee e rosse su sfondi verdi, idealizzate in forme rotondeggianti che potevano ricordare le sculture arcaiche, le Grandi Madri: dee contadine vie voglia di definirle. Qui a Ca’ Lozzio (Mostra Personale, 1988) ce ne sono ancora, ma poche: il resto è pittura nuova, è pittura liberata. Pavan, voglio dire, ha cambiato strada, e naturalmente gli è costato: ma non poteva più isolarsi con le sue dee della terra in un’atmosfera vagamente archeologica.

Nuove suggestioni, pur sempre derivanti dalla terra, dall’amato paesaggio del Piave, esplodono sulla tela con un ritmo che sa di musica. Un lampo che imprime nella retina non una “scena” ma una vivida impressione, quasi una memoria calda di ciò che è stato per pochi secondi illuminato. Un fruscio di luce attraversa un albero o un cespuglio ed è subito trasparenze, intreccio, gioco, anzi pura emozione … E’ questa la scoperta: un pittore nuovo, appena nato, anzi ancora titubante nei suoi movimenti, ma già sicuramente proteso verso il suo cibo che è la luce verde e oro della natura. Gli dèi occhieggiano tra i fiori.

Ivo Prandin

( Il Gazzettino del 22 novembre 1988)